Interfaccia uomo macchina: cosa si intende e dove viene applicata

Il periodo storico che stiamo vivendo, in cui alcuni vedono addirittura una nuova rivoluzione industriale, è caratterizzato da molte novità tecnologiche che riguardano principalmente l’informatica e la digitalizzazione: l’IoT, o Internet of Things, la blockchain, l’introduzione dei robot e delle intelligenze artificiali, e così via. Non dimentichiamo, però, che molto di tutto ciò si deve solo alla possibilità di comunicare in maniera intuitiva con le macchine stesse.

Ci stiamo riferendo alle interfacce uomo macchina, abbreviate anche in IUM o HMI (dall’inglese “Human Machine Interface”), che permettono all’uomo, come suggerisce il nome, di interfacciarsi con una macchina e comunicare con essa, in modo sempre più accessibile e rapido. Cerchiamo dunque di capire con esattezza che cos’è una IUM, a cosa serve e quali applicazioni può avere, adesso o nel prossimo futuro.

Interfaccia uomo macchina: che cos’è?

L’interfaccia uomo macchina è una componente hardware o software, ossia fisica o virtuale, che consente la gestione di una macchina qualsiasi da parte dell’uomo. Attraverso una IUM è possibile sfruttare tutte le funzionalità di un qualsiasi dispositivo o device elettronico.

Abbiamo di fronte a noi moltissimi esempi di IUM nella nostra vita quotidiana; ne usiamo in continuazione, senza rendercene conto, approcciandoci a un qualsiasi dispositivo fisso o mobile. Basti pensare al nostro smartphone: per la gestione delle applicazioni dobbiamo passare attraverso una interfaccia fisica, il touchscreen, e una digitale, il sistema operativo (Apple, Android o altro) coi suoi programmi. Lo stesso vale per il computer, ma anche per l’automobile, la lavatrice, la stampante.

Naturalmente il ruolo produttivo-industriale delle interfacce uomo macchina è quello che più ha conseguenze macroscopiche sullo sviluppo economico (e dunque, indirettamente, anche sulle nostre vite). Rispetto a un macchinario di qualche decina d’anni fa, oggi tutti i dispositivi più moderni presenti nelle aziende sono dotati di interfacce utente che ne potenziano grandemente le funzioni e l’efficacia.

Anche in questo caso, gli esempi si sprecano, poiché ormai tutti i prodotti industriali ad alta tecnologia funzionano grazie a una IUM dedicata o personalizzata. L’addetto a uno specifico macchinario può impostarne o verificarne il funzionamento grazie a un’interfaccia, gli impiegati di un’azienda possono sfruttare tablet o dispositivi simili per interagire con le linee di produzione, l’operatore di una ditta di spedizioni può controllare lo stato della logistica, e così via.

Insomma, il motivo per cui le IUM sono diventate fondamentali sta nel fatto che sono adattabili in ogni momento e permettono di velocizzare il lavoro in un modo inimmaginabile fino a qualche anno fa. È grazie all’interfaccia che il comando dell’utente, impartito per esempio sotto forma di clic o tocco su una determinata icona, può essere compreso dalla macchina e tradotto in stringhe di codice: non è più necessario, insomma, conoscere la “lingua” dei dispositivi per parlare con loro.

L’evoluzione delle interfacce uomo macchina

A voler essere precisi, la storia delle interfacce uomo macchina è molto lunga: tecnicamente, poiché si può definire IUM qualsiasi mezzo che permetta la comunicazione tra utente e dispositivo, già nella prima metà del secolo scorso se ne possono individuare alcune, seppure rudimentali.

Le prime forme di IUM utilizzate su larga scala e riconosciute come tali nascono assieme ai primi PC per uso industriale. La comunicazione, in questo caso, avveniva grazie al supporto di schede perforate, ossia cartoncini segnati da piccoli fori che costituivano un codice, e che la macchina poteva interpretare come un comando da eseguire.

Il sistema, fortemente soggetto all’errore umano in fase di trascrizione, viene sostituito, a partire dagli anni ’60, con tipologie di interfaccia maggiormente intuitive, in particolare quelle testuali. La loro intuitività non era di certo paragonabile alla pressione di un touchscreen, dal momento che all’utilizzatore era comunque richiesta la conoscenza di linee guida e codici, da inserire tramite i pulsanti sulle tastiere o, più tardi, sistemi di input come i mouse; tuttavia, le IUM testuali permettevano una comunicazione ben più rapida con i computer.

Le interfacce testuali resistono a lungo nel mondo dell’informatica, fino a quando quest’ultimo non viene decisamente rivoluzionato dall’avvento delle interfacce grafiche, dette anche GUI (in inglese “Graphical User Interface”), grazie alle quali era possibile visualizzare le funzioni e gli strumenti della macchina in forma, appunto, grafica.

Le GUI nascono negli anni ’80 grazie ad alcuni modelli di PC che puntano su un ulteriore livello di traduzione tra uomo e macchina: al primo non è più richiesta la conoscenza di un linguaggio in codice o di una speciale capacità di utilizzo, ma può impartire i comandi semplicemente attraverso degli elementi grafici, per esempio icone, un menu, un pannello di controllo, una dashboard, delle finestre o delle immagini (dapprima in bianco e nero, ma in breve anche con una visione a colori).

La strada, a questo punto, era tracciata: le interfacce grafiche sono diventate sempre più semplici da usare, tanto che la conoscenza del codice ormai è riservata solo agli esperti del settore. Gli utenti comuni, ma anche quelli che lavorano con macchinari industriali che svolgono operazioni complesse, possono sfruttare IUM dalla grande accessibilità, grazie alla presenza di schermi e display multitouch, assistenti vocali o testuali e comandi quanto più possibile intuitivi.

Interfacce uomo macchina: a cosa servono?

È chiaro, allora, che le interfacce uomo macchina servono a incrementare la produzione delle fabbriche e delle aziende, sul piano lavorativo, nonché a migliorare l’esperienza dell’utente dal punto di vista privato e umano.

In particolare, le interfacce uomo macchina sono indispensabili nel mondo dell’industria. Una IUM permette di interagire in maniera facile e immediata con dispositivi di qualsiasi tipologia, scopo e dimensione, riducendo il più possibile l’errore umano, apportando notevoli benefici alla produttività delle imprese e consentendo l’individuazione di nuove soluzioni industriali.

Di fatto, ad oggi, ogni settore produttivo utilizza o può utilizzare con successo delle IUM. Si pensi solo, per esempio, alla filiera agroalimentare: un macchinario che prepara o confeziona il cibo può essere comodamente programmato o sottoposto a monitoraggio grazie alla pressione di pochi tasti, anche da remoto. Lo stesso può valere in campo medicale o di ricerca: una IUM può rendere il lavoro di un tecnico di laboratorio estremamente più veloce, facile e sicuro.

A questo, d’altra parte, servono le IUM: a semplificare il più possibile la comunicazione con gli impianti e i macchinari. Non è un caso che, ormai, la richiesta di personale fortemente specializzato sia in calo: operare anche su produzioni complesse e delicate è diventato molto più pratico, e la quota di errori dovuti al fattore umano è sempre più ridotta grazie alle IUM.

E non dimentichiamo che lo stesso vale anche per i dispositivi domestici, il cui uso è stato rivoluzionato, negli ultimi anni, dall’implementazione di IUM avanzate. Più ancora che sulle innovazioni hardware (per esempio, la velocità di una stampante o le funzionalità di una lavastoviglie), le case produttrici puntano ora sul continuo miglioramento dell’accessibilità via software, cioè sulla creazione di interfacce uomo macchina sempre più intuitive e comode.

Applicazioni dell’interfaccia uomo macchina

Come abbiamo visto, le interfacce uomo macchina si applicano in ogni settore dell’attività umana. È evidente, soprattutto, l’uso che ne facciamo a livello privato: usiamo IUM per comunicare con il PC o lo smartphone, ma anche con l’automobile, l’aspirapolvere, la macchina del caffè e qualunque elettrodomestico che possa essere interpretato come “smart”.

Tuttavia, l’impiego più importante delle interfacce uomo macchina è in campo produttivo e a livello industriale, specie in alcuni settori in cui la capacità di automatizzare i processi ha fatto passi da gigante, ha permesso di ottenere grandi vantaggi in termini di produttività e ha dimostrato il successo del lavoro di innovazione portato avanti finora.

Possiamo ricordare, per esempio, il settore farmaceutico: alla domanda crescente di prodotti dalla qualità sempre maggiore, le industrie farmaceutiche hanno risposto investendo in sistemi intelligenti e interfacce che permettessero di minimizzare l’intervento umano, così da velocizzare i processi produttivi e ridurre i rischi di contaminazione.

Lo stesso si può dire del settore alimentare, che anno dopo anno è sempre più al centro dell’interesse globale a causa della scarsità di risorse e della necessità di ottimizzare la produzione. Ma non dimentichiamo anche il settore automobilistico, che si sta concentrando sull’inserimento di IUM sempre più avanzate nelle auto.

Si può dire, insomma, che l’implementazione delle interfacce uomo macchina segue due vie complementari: da un lato, le imprese sfruttano le IUM per accelerare e rendere più sicura la produzione; dall’altro, chi progetta e vende qualsiasi tipo di dispositivo almeno in parte elettronico lo dota di una IUM efficiente e personalizzata, che possa aumentare l’usabilità e migliorare il design – e incrementare, di conseguenza, l’appeal sui clienti.

Infine, non possiamo non chiederci quale possa essere il futuro delle interfacce uomo macchina e in che direzione andrà la loro progettazione negli anni a venire, dato che esse rivestono già ora un ruolo preponderante in tutto ciò che facciamo.

È probabile, in base a ciò che sappiamo oggi, che subiranno un’evoluzione ulteriore secondo due parametri: il primo riguarda l’usabilità e l’“umanizzazione” delle macchine, che, grazie all’intelligenza artificiale, agli assistenti vocali, alle connessioni in rete, al cloud e all’IoT, renderanno la comunicazione con l’uomo sempre più facile; il secondo invece è quello della protezione dell’utente e della sicurezza informatica, che andrà necessariamente rafforzata man mano che le IUM richiederanno una interconnessione e delle analisi dei dati sempre più invasive.